CITAZIONE(gsani @ May 11 2009, 12:13 PM) <{POST_SNAPBACK}>
Quando eri marinaio in divisa bianca bianca???
No, no.
Ho fatto canottaggio (stendiamo un velo pietoso sui risultati) per parecchi anni per conto della Canottieri Sile, ed all'attività agonistica ho affiancato alcune partecipazioni alla splendida Vogalonga.
La prima volta fu davvero speciale.
Il Sile è parecchio stretto e contorto, e mal si presta all'allenamento con barche lunghe. Meno ancora alla voga "di punta" (con l'eccezione a confermare la regola del "due con" medaglia olimpica nel 1968 di Baran-Sambo-Cipolla LINK).
Così tutti eravamo ben più preparati nella voga di coppia (quella con due remi, per intenderci).
Per affrontare il moto indoso della laguna le imbarcazioni da gara non vanno bene, e si utilizzano, nel caso della voga di coppia, i cosiddetti "canoini da mare" LINK.
La società ne possedeva solo due, e noi eravamo in tre.
Che si fa?
Semiabbandonata alle intemperie stava a marcire da anni la Fiammetta, una barchetta in legno che una volta veniva utilizzata per insegnare a remare ai ragazzini.
Aveva la stabilità necessaria ad affrontare le onde, ma faceva acqua per via del fasciame rovinato dalle intemperie e dagli errori di manovra di generazioni di neofiti. Inoltre non aveva la copertura, quindi in caso di onde si sarebbe riempita d'acqua abbastanza facilmente.
La voglia di partecipare però era tanta, ed il fascino di farlo con un guscio di noce (col quale fra l'altro avevo fatto le mie prime remate anni addietro) mi intrippava alla grande.
Così assieme ad un amico la ripristinammo alla buona (colla, resina e fantasia). Ci montammo un paio di remi da gara per avere un "rapporto" più adatto alle lunghe percorrenze e portammo via un poì di spugne e secchiellini per buttare fuori l'acqua in eccesso.
Lo scafo corto limitava necessariamente la velocità, quindi non mi illudevo di poter star dietro ai due amici dotati di canoino in vetroresina (nonchè di muscoli e polmoni migliori dei miei).
Per mettere in acqua le barche le possibilità sono due: scartammo il parcheggio di piazzale Roma perchè poi uno dei tre avrebbe dovuto riportare il furgone ed il carrello a Mestre ritornando indietro in autostop, ed optammo per la sede della Canottieri Mestre, ideale per calare le barche in acqua ma molto distante dalla partenza (c'è da fare tutto il ponte della libertà e poi tutto il Canal Grande).
Giornata uggiosa, vento e pioggerellina, onde alte.
Fin dalle prime remate mi sono reso conto che avrei dovuto fermarmi molto spesso a svuotare la barchetta: ad ogni onda ricevevo una bella spruzzata sulla schiena.
La velocità però non era malaccio. Il mio amico Gustavo aveva fatto un ottimo lavoro con l'impalatura e riuscivo ad avanzare molto bene.
A metà del ponte della Libertà le onde erano davvero alte, ed il vento rompeva le scatole alla grande, perciò passammo sotto ad una delle arcate (mamma mia che riflussi paurosi!) per passare dalla parte meno esposta.
L'impatto col Canal Grande: caos. Un mucchio di traffico. Mascherete, gondolame vario, canoe a profusione. Barche a motore scocciate della presenza della miriade di partecipanti. Ogni tanto un gigantesco dragon boat a bloccare tutto. Quanto di peggio per vogare all'indietro. Mi dovevo girare di continuo per controllare di non andare a sbattere da qualche parte. Per non parlare dello spazio necessario alla voga: continuamente finivo con un remo sotto ad un'altra imbarcazione rischiando di rovesciarmi.
Insomma, una bolgia, ma alla fine eccoci in zona partenza, per sentire la cannonata ed il boato: "San Marco!" seguito dall'alza remi, che con i nostri skiff era appena simbolico, rispetto alle voghe venete che potevano mettere tutti i remi in verticale.
Via.
Uno spettacolo meraviglioso. Mai viste tante barche assieme, in un tripudio di colori. Assomigliava molto alle rappresentazioni cinematografiche della corsa all'oro, con tutti i carri partire contemporaneamente alla conquista del west.
Dopo le prime fasi concitate, allargando la traiettoria alla prima svolta all'altezza del Morosini sono riuscito a superare il grosso delle barche più lente. Finalmente con un po' d'acqua a disposizione ho potuto trovare il passo, e la Fiammetta, fra un'onda e l'altra, ha preso a filare.
Con mia sorpresa non perdevo nemmeno troppo terreno dai miei due amici, e tagliando sul tempo delle soste per una buona parte sono riuscito a star vicino a loro.
Ecco gli attraversamenti dei canali delle isole... all'improvviso si passa da canneti a zone abitate, ed ogni tanto c'è addirittura un'orchestrina ad allietare il passaggio. Che meraviglia!
Sempre voltandomi molto spesso per controllare di non andare a sbattere contro una briccola (rompere un remo qui sarebbe quantomai disastroso) continuavo a sorpassare imbarcazioni più lente (molto probabilmente in tanti sono partiti prima della partenza ufficiale per non arrivare troppo tardi). Per un lungo pezzo ho ingaggiato battaglia con una Jole di ragazze di una società remiera veneziana: la capovoga non era assolutamente contenta di prenderle dalla mia piccola Fiammetta, e gliene ha dette di tutti i colori alle compagne.
Poi si arriva al giro di boa, ed inizia il lungo tratto di laguna aperta.
Il vento e le onde, che nei canali erano quasi inesistenti iniziarono a giocare con la mia barchetta, e dovevo fermarmi sempre più spesso per svuotarla. Iniziarono anche i primi segni di affaticamento. Il fondoschiena, da troppe ore sul duro seggiolino del carrello, ma soprattutto le mani, che nonostante i calli di tanti anni di voga ed i guantini da ciclista si erano riempite di vesciche. Cercavo di impugnare i remi più delicatamente il possibile, ma con poco sollievo. Quando mi fermavo per svuotare la barchetta, poi, l'acqua salata mi ricordava che sotto ai guantini c'era la carne viva...
Le sempre più frequenti soste mi hanno fatto perdere contatto con i miei due amici, ma comunque la compagnia non mancava. Ogni tanto sorpassavo delle canoe molto lente, probabilmente avevano tagliato a metà percorso.
Ultima isola da attraversare, ultimo tratto di laguna aperta con Venezia in vista e... l'imbocco del canale di Canareggio. Al primo ponte un urlo: "Vai Giulio! Forza Canottieri Sile!" Guardo su... e vedo un gruppetto di ragazze che mi applaude, assieme all'altra gente assiepata sulle sponde. Chi saranno? Boh! "Ciao!" grido, e continuo a vogare perplesso. Ponte successivo, stessa scena. Così ho capito: la gente aveva l'elenco dei partecipanti, e dal numero di pettorale sapevano tutto di me. Galvanizzato dagli incitamenti ho iniziato a vogare cercando di dissimulare la fatica, con lo stile migliore possibile. Sarà che la Fiammetta ispirava simpatia, sarà che ero ben diverso dal grosso dei partecipanti, ma mi sentivo acclamato come una star.
Così Canareggio e Canal Grande sono passati in un baleno, ed eccomi al traguardo nel primo pomeriggio, lì dove ore prima avevo urlato "San Marco!".
La premiazione era aquanto spartana. Niente gnocche a metter medaglie attorno al collo, ma un paio di piattaforme galleggianti che avevano rinunciato a premiare uno ad uno la bolgia che si presentava, e ti lanciavano un sacchettino trasparente contenente medaglia ed attestato di partecipazione. Vabbè.
Mi attendevano ancora un bel po' di km per concludere la fatica. C'era da risalire il Canal Grande (ancora!), farsi tutto il ponte della libertà e finalmente attraccare a Mestre.
Fra il dire ed il fare... c'è di mezzo il traffico contrario sul Canal Grande. Arrivato all'imbocco del Canareggio uno dell'organizzazione mi ha consigliato di tagliare passando per di là, perchè dietro a piazzale Roma il vento aveva rinforzato e c'era mare grosso.
Non l'avessi mai fatto! Nonostante tutto ero arrivato con le barche veloci, ben prima del grosso delle imbarcazioni... col quale ho fatto un frontale in quello stretto canale! Che disastro! Impossibile avanzare, un ingorgo pauroso. Mi sono attaccato ad un anello sulla riva ed ho ritirato i remi per lasciare libero il passaggio. Solo dopo un paio d'ore ho potuto togliermi da quella scomoda posizione, ed affrontare finalmente le onde del ponte della Libertà.
Sono arrivato a Mestre alle 18, dopo 11 ore in barca, con gli amici preoccupatissimi che mi davano per disperso (meno male che all'arrivo ci eravamo incontrati).Inutile dire che mi faceva male tutto, e che tirato su di peso dagli amici non ero in grado di stare in piedi.
Che bello!
Scusatemi per la lunghezza, ma man mano che scrivevo mi tornavano i ricordi... e la voglia di farla ancora! LINK