In tempo di crisi come quello attuale parlare di auto elettrica vuol dire affrontare temi ben più complessi di quelli riguardanti semplicemente la mobilità.
Vuol dire discutere di scelte ecologiche, di economia, di voglia di nuovo e anche di filosofia.
Nonostante la diffusione ancora piuttosto limitata di questi veicoli , si vedono già grandi differenze territoriali riguardanti progetti ben riusciti se confrontati con altre realtà, cresciute per lo più da fenomeni più occasionali che ordinati.
Prendendo ad esempio la situazione nel territorio Svizzero, malgrado la percentuale di mezzi circolante non elevata ma tutto sommato accettabile, si nota subito la riuscita del concetto di diffusione del veicolo elettrico rilevando la presenza di infrastrutture create per agevolare la circolazione di questi mezzi. Non servirebbe infatti a molto produrre e vendere in gran numero questi mezzi se poi gli utenti non fossero in grado di soddisfare le più semplici esigenze, come poter fare rifornimento in aree adeguate al di fuori dalla propria abitazione.
L’efficienza del piano è stata determinata dall’incentivazione con forti sconti per l’acquisto dei mezzi in unione alla posa di un impianto di ricarica ben distribuito sul territorio. I punti di rifornimento, le cosiddette colonnine, sono posizionate garantendo sosta e ricarica, il servizio è accessibile pagando una tariffa annuale decisamente conveniente.
Questo ha certo aiutato la diffusione dei veicoli in quanto l’utente non si è sentito abbandonato a se stesso come invece accade nella maggioranza dei casi altrove.
Sul territorio italiano infatti la presenza di questi dispositivi di rifornimento è stata decisa più dai singoli comuni dove avvenivano particolari iniziative che da un piano nazionale per l’incentivazione dei veicoli, creando punti di ricarica troppo concentrati e non accessibili da città a città.
Sicuramente la limitata estensione del territorio elvetico ha favorito il progetto, ma è stato fondamentale il fattore organizzativo e la volontà di proporre qualcosa di innovativo e di pratico allo stesso tempo.
Mentre in Italia si trovano o si trovavano buone realtà in città come Reggio Emilia, Torino, Milano, Roma e nella più attrezzata Firenze, nella maggior parte dei casi la possibilità di creare punti di rifornimento per veicoli elettrici non è stata mai attuata, anche se spesso venivano istituite le famose giornate di blocco del traffico; a che serve poi bloccare i mezzi inquinanti se quelli puliti non hanno nessun modo di ricaricare, è una doppia inutilità.
Così mentre da una parte il progetto ha una funzionale programmazione, dall’altra tengono banco le iniziative isolate, lasciando buone realtà funzionanti non in grado di comunicare e di estendersi ad altri progetti efficienti.
Altro fattore da non sottovalutare che ha limitato la diffusione del mezzo elettrico è quello dell’immagine del veicolo lento e con poca autonomia, ma se fosse una scusa veramente plausibile per attribuirgli un grosso difetto, perché invece viene esaltata come qualità nel caso di certi mezzi a due ruote, lenti, rumorosi, pesanti, ingombranti e altrettanto costosi, si potrebbero trovare molte più ragioni per non volere questi ultimi pachidermi liberi di circolare su strada, eppure fanno parte di una categoria di veicoli che attirano le masse più dei mezzi ecologici che avrebbero ben più ragioni di essere.
Il mezzo elettrico segna comunque una vera e propria rivoluzione, perché pur avendo tanti limiti, apre inaspettate porte che un veicolo tradizionale non potrebbe aprire.
Sappiamo tutti che non è uno status symbol, in quanto più che apparire quando si guida un veicolo del genere spesso si è totalmente ignorati perché è silenzioso e non emette alcun gas, si potrebbe provare a circolare col baule pieno di fuochi d’artificio per vedere quanto la reazione della gente arrivi ad evocare commenti eco-compatibili…
La percorrenza chilometrica è spesso limitata, ma sappiamo tutti che non si sceglie certo per fare lunghe percorrenze.
Ci vuole un certo periodo di ricarica, a volte questo comporta soste anche più lunghe di quelle programmate, ma solitamente è previsto trovarsi anche nell’imprevisto e di certo non si può pretendere di più di quello che il mezzo può dare, sarebbe come pretendere che un’auto a benzina riempia di nuovo il serbatoio mentre si affronta un lungo tratto di discesa…
Può anche capitare di ritrovarsi sotto l’ala protettrice di chi con smodato uso di fari e clacson annunci a tutto il mondo la presenza di un veicolo silenzioso e non inquinante sul proprio senso di marcia, sono attenzioni che spesso fanno riflettere.
I costi non sono poi proprio accessibili a molti, però c’è chi preferisce rinunciare a tante cose e permettersi l’auto dei sogni, quasi sempre “assetata”, rumorosa e inquinante e bisognosa di continue cure da parte delle autofficine, reputando poi l’auto elettrica inutile e costosa.
Gli aspetti contrari potrebbero essere ancora tanti, per fortuna non si può negare che le cose stiano cambiando e che una certa curiosità ora la stia infondendo anche alle masse, prima totalmente refrattarie di fronte ad un oggetto così misconosciuto.
Sarà per effetto della crisi economica, sarà forse più una questione di scelte commerciali, sta di fato che ora anche le grandi case automobilistiche si dicono interessate all’argomento energie alternative.
Ben vengano investimenti, prodotti esclusivi, nuovi prototipi, bolidi totalmente puliti e silenziosi.
Sembra che il cambiamento, che la grande rivoluzione stia per avvenire sul serio, però chi queste cose le ha sempre predicate, chi sa veramente cosa voglia dire vivere quotidianamente col proprio mezzo ecologico, sa anche che forse non è proprio tutto oro quello che luccica.
Chi sta da mesi ostentando la soluzione ecologica forse non sa che in molti casi la scelta di un veicolo elettrico non si deve basare esclusivamente sul prodotto, c’è molto di più dietro un semplice oggetto tecnologico, ci sono motivazioni che vanno oltre le regole che ostinatamente questo mercato economico si prepara per l’ennesima volta a propinarci.
I fatti sono questi, molti dei più grandi Stati hanno basato gran parte dei loro investimenti sul mercato automobilistico che ora attraversa una profonda crisi.
Tutto ciò è decisamente ovvio, se mancano le risorse minime per sopravvivere, è chiaro che la rinuncia va all’inutile e al superfluo, in questo caso all’automobile nuova.
Il sistema economico moderno è basato sulla produzione e sulla vendita di massa, solo che mancando i fondi alle masse vengono anche a mancare gli acquirenti.
La soluzione è quindi quella di rimettere in grado questo popolino di formiche di spendere di nuovo i propri soldi per rimettere in piedi il mercato dell’automobile e di conseguenza l’economia globale.
Questo è il grande ed ennesimo errore di questa patetica economia moderna che non ha nessuna voglia di imparare, di investire nel futuro, che sia proprio, delle genti o del pianeta.
La cosa più logica secondo loro è spendere tutte le ultime risorse ancora in qualcosa di sbagliato, qualcosa di inutile che resterà inesorabilmente fermo nel garage e che non porterà nulla nel frigo.
Se ci fosse veramente la volontà di cambiare allora sarebbe questo il momento di fare sul serio e di voltare pagina. La vecchia economia non funziona più, inutile ostinarsi a ripercorrere un sentiero che può portare solo alla fine delle risorse, bisogna creare nuove strade per le nuove risorse.
Ecco così l’entrata trionfale dell’auto elettrica e di tutto il suo mondo.
Che nessuno si illuda che vendere o comprare auto elettriche sia la panacea per tutti i mali!
Non sono impazzito, non sto affatto negando quello che ho appena affermato, il discorso è semplice e complesso allo stesso tempo perché scegliere un’auto elettrica come mezzo di trasporto vuol dire scegliere una filosofia di vita che con il solo prodotto ha veramente poco a che fare.
Quello che vivo spesso con l’Ecovelclub dimostra che per alcuni è stata una scelta economica, un modo per risparmiare perché la manutenzione e le spese sono limitate su di un mezzo del genere, il pieno costa veramente poco e in tempi come questi sappiamo che i carburanti sono molto volatili simbioticamente al loro prezzo. La disponibilità sul territorio elvetico di punti di sosta e rifornimento è buona, anche se spesso capita di trovare intrusi che non hanno nessun diritto di sostare nelle piazzole riservate ai veicoli non inquinanti. Escludendo questo problema di educazione, anche se indicativo di grande ignoranza, i rifornimenti sono comunque garantiti e a prezzi decisamente competitivi. Quindi, economia di esercizio e di rifornimento pagano, anche a fronte di un elevato prezzo di acquisto. Se pensiamo a quanto spendiamo in carburante nell’arco di vita di una macchina a motore endotermico forse possiamo fare altri due conti sull’economia aggiunta dell’auto elettrica.
Pensiamo poi al fattore ecologico. Quanto inquina un’auto elettrica? Lo zero assoluto non esiste, però ci siamo molto vicini e al pari dell’auto a idrogeno è la meno inquinante di tutte , altro che euro 4 o 5, qui siamo decisamente più avanti. Se pensiamo alle forme di inquinamento diretto o indiretto, solo con lo smaltimento non a norma delle batterie o delle sue parti meccaniche si può dire inquinante un’auto elettrica, ma si tratta solo di casi di mancanza di coscienza. Direttamente le fonti nocive provenienti da un’auto elettrica sono pressoché insignificanti. Il fatto poi di potersi muovere spendendo relativamente poco e senza emissioni nocive invoglia sempre più ad usare questo tipo di veicoli.
Facendo un altro accenno alla “cugina” poco inquinante bisogna comunque dire che l’auto a idrogeno non è così efficace energeticamente come lo è la pura elettrica, sia con la trasformazione dello stesso in energia elettrica attraverso le celle a combustibile che con la trasformazione in energia sfruttando meccaniche derivate dal motore endotermico, inoltre la produzione dell’idrogeno è ancora poco conveniente per poterne dedicare una cospicua quantità all’autotrazione, solo gli impieghi industriali di un certo tipo ne giustificano il costo di produzione e stoccaggio , altra nota dolente dello stesso. Il tutto si traduce così in costi molto più elevati rispetto all’auto elettrica.
Economia e autonomia, dalla teoria alla pratica, ho anch’io una buona esperienza in materia, visto che ho comunque all’attivo una percorrenza personale di oltre 15000 km con uno scooter elettrico, anche se ora è ormai dismesso.
Mi ricordo quando ancora funzionava, avevo pochissima autonomia perché era proprio qualitativamente scadente, ma bastava saper fare due conti, riuscivo dall’Italia a passare il confine e fare ancora tanti e tanti chilometri, tanto che per due volte sono stato al salone di Lugano del veicolo elettrico, circa 100 km andata e ritorno a fronte di un’autonomia massima di 30; è bastato fare un po’ di attenzione ed è stato possibile fare quel tragitto. Il punto era proprio questo, dimostrare che era possibile farlo.
Ed è proprio questa un’altra molla che spinge a fare questo tipo di scelta, una motivazione filosofica che unisce tutti i punti e le esperienze.
È difficile restare indifferenti dopo aver provato un veicolo elettrico, può al limite non piacere, ma qualcosa dentro lo lascia sempre.
A noi che siamo stati più fortunati ha lasciato un pizzico di follia!
Per chi non ha mai avuto questa fortuna è forse incomprensibile quello che proviamo tutte le volte che facciamo qualcosa di normale o di speciale.
A me sono rimaste solo le esperienze speciali, quelle al di fuori ormai del quotidiano, visto che il mio scooter è definitivamente fuori uso.
Mi devo così contentare di fare gare di regolarità con le auto, elettroraduni, inaugurazioni di impianti di ricarica sperduti oltre le montagne, fiere e saloni. Devo dire che è un bell’accontentarsi.
Restare a contatto con questo mondo porta anche a sviluppare una coscienza particolare, ci si accorge poi che si sta comunque lasciando un bel segno nella storia.
Per i più distratti, giusto qualche piccolo appunto.
Abbiamo partecipato come club ai primi rally ecologici italiani chiamati greenrally, gare di regolarità fatte per promuovere le energie alternative. È già storia, perché noi c’eravamo.
E l’inaugurazione dell’impianto di ricarica a nord del San Gottardo? Una decina di macchine elettriche venute da diversi punti del territorio per convergere in un’area di sosta dell’autostrada del San Gottardo, io personalmente ho percorso con una Twingo elettrica quasi 300 chilometri quel giorno, mi pare che anche stavolta nessuno può negare che non fossimo stati in quell’area di servizio, un’altra tappa segnata nel tempo, ed è ancora storia.
Anche quando sono stato due volte al salone di Lugano, è stato possibile farlo, anche questa è storia.
Certo siamo comunque persone normali, con i nostri pregi e nostri tanti difetti, ma da persone normali diamo comunque un gran contributo al normale volgersi della vita sul nostro pianeta, non è immodestia, è il nostro piccolo ma indelebile contributo alla storia dell’uomo, è il nostro modo di fare e di essere che lascia una traccia del nostro passaggio, questo modo di essere si può chiamare cultura.
È questo che riesce bene a fare l’Ecovelclub, riesce bene a fare cultura della propria esistenza, una cosa che al giorno d’oggi comincia a scarseggiare.
Fare cultura non vuole dire certo insegnare materie nozionistiche alle masse, nel nostro caso vuole dire segnare una tendenza, esporre una filosofia di vita, far conoscere le proprie esperienze a chi non ha mai avuto un’opportunità simile, vuole dire lasciare una traccia nella storia perché queste cose non erano ancora state fatte, a volte semplicemente vivendo la vita di tutti i giorni.
Ecovelclub, siamo storia, futuro e cultura dei nostri tempi, cultura alla portata di tutti.